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Chiara Petrolini, la ragazza che ha seppellito la vita in un giardino

Un gesto, quello di Chiara, probabilmente rappresentativo (in modo radicale ed estremo) di un atteggiamento frequente tra moltissimi giovani: la mancanza di una relazione con l'altro e il diverso da sé. Questa mancanza di relazione, perchè tutti sono iperconnessi, ma totalmente privi di vere relazioni, porta inevitabilmente a spegnere il vero motore di qualsiasi forma creativa: il confronto tra divergenze, tra diversità e polarità lontane. Non si dà alla luce nessuna opera se l'esistenza scorre velocissima solo in orizzontale dentro una sommatoria di situazioni prive di esperienza. Fare esperienza significava accettare un tempo diverso e possibili emozioni che includono necessariamente la mancanza e il possibile rifiuto. Tutto ciò è intollerabile per molti giovani, specchio radicale, tragico e inguardabile di questa epoca. Una mancanza assoluta di problem solving o del pensiero che sa generare e non seppellire. Coltivare la capacità di soluzione dei problemi quotidiani legati soprattutto alle relazioni, sembra una condizione non più affrontabile: tutta nasce e finisce all'interno di un solo soggetto, una sola casa, un solo giardino. Nulla esce per la paura del confronto.
Spesso, Il campo visivo di questi ragazzi, resta bloccato, ripetuto e identico a se stesso, privo di qualsiasi ristrutturazione e riconfigurazione. Senza la possibilità di coltivare quotidianamente nuovi ordini, nuovi dati percettivi, cognitivi ed emotivi, il nucleo centrale del processo creativo della vita si spegne e non si sente più nulla (alessitimia) portando tragicamente, come fosse un giorno come un altro, a seppellire la vita più preziosa e creativa che ognuno di noi possiede.
"Il tempo che ci vuole" tra la vita e il cinema
Grande e piccolo nel mosaico dei soggetti