Fatta la tara sulla gravità della situazione in Italia e nel mondo, non foss'altro per rispetto dei morti, dei contagiati, degli isolamenti imposti, ecc… resta comunque "l'occasione" per una riflessione antropologica e psicologica importante da fare che ci dovrebbe indurre a rivedere e ri-parametrare abitudini, percezioni e false credenze costruite sul nulla, o quasi nulla.
Le paure ansiogene si muovono sempre su estremismi psichici, rendendo gli individui che ne soffrono più di altri, incapaci autonomamente di misure e riflessioni ben temperate. Certo, il coronavirus esiste concretamente, ma le paure che genera sono paure che prescindono dal virus, sono paure anzitutto ataviche (ometto in queste poche righe tutte le sintomatologie psichiche che richiamano a queste paure) che da sempre muovono l'uomo verso soluzioni filosofiche, esistenziali e di ricerca scientifiche. Esse sono di certo la paura della morte e la consapevolezza della nostra precarietà. Ma queste precarietà di esistenze ferite, oltre ad essere un parametro fisiologico evidente, sono anche un motore di creatività e di intelligenza. Basti guardare ai tanti ricercatori che in questi giorni si stanno ingegnando e adoperando per trovare soluzioni al virus. Misure psichiche ben temperate di gestione delle situazioni di emergenza che tutti noi potenzialmente abbiamo, non possono slatentizzarsi ed esprimersi senza l'esercizio quotidiano della consapevolezza. L'alta contagiosità di questo nuovo virus, evidenzia l'evidente precarietà del nostro modo di processare i tanti problemi quotidiani che la vita ci sottopone.
Una seconda riflessione: Il mondo globale economico delle potenze si inchina per la salute di singoli uomini e donne. Ovviamente mi si obietterà che la chiusura delle aziende non si accompagna con una questione esistenziale, ma è attenta al solo profitto. Certo, come soggetto economico le aziende hanno il dovere di curare con lungimiranza il proprio conto economico, ma questo non elide la possibilità di portare su un altro piano la riflessione, riflessione che in questa situazione di emergenza porta l'uomo a non essere più una matricola intercambiabile o giustapposta a qualche macchina, vera o virtuale che sia, ma a ri-diventare unico, con un nome, con degli affetti, con una vita importante da rispettare e da prendere in carico
Ultima questione, tra le tantissime che se ne potrebbero fare: tutti siamo assolutamente uguali di fronte alle questioni fondamentali della vita. Già La Ginestra di Leopardi ci ricordava che l'unica soluzione è collaborare nell'uguaglianza di fronte alla natura che, tutto sommato, non è particolarmente interessata, nello specifico, alle "magnifiche sorti e progressive" delle faccende umane.